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Note geologiche e geomorfologiche dell’area Pontina

Note geologiche e geomorfologiche dell’area Pontina

di Carmine Allocca e Vittoria Forleo


Figura 1 Veduta del circeo dalla litoranea (foto di Carmine Allocca)
Figura 1 Veduta del circeo dalla litoranea (foto di Carmine Allocca)

 

  1. La zona pontina (Fig.1) è situata nel Lazio meridionale, nella provincia di Latina. Geograficamente e’ delimitata: a nord dal corso del fiume Astura, a est dai rilievi appenninici dei Monti Lepini e Ausoni, a sud e ad ovest dal Mar Tirreno. Il litorale, compreso tra la foce del fiume Astura e il promontorio del Monte Circeo, ha una geometria a forma di arco la cui corda è orientata nord ovest-sud est (direzione appenninica). Si sviluppa per quasi 35 km e la spiaggia ha un’ampiezza variabile tra i 16 e i 50 m.

     

Figura 2 Area pontina (da Google Earth)
Figura 2 Area pontina (da Google Earth)

 

  1. Le spiagge sono sabbiose, a granulometria media e ad andamento regolare lungo tutta la costa, aumentando, però, in grossolanità man mano che ci si avvicina al promontorio del Circeo (La Monica e Raffi, 1993). Verso terra sono bordate da cordoni dunari di una certa estensione, che s’innalzano sempre più sul mare, sino a raggiungere quote superiori ai 20 m, presso Torre Paola (La Monica e Raffi, 1993). Questi, allineati parallelamente alla linea di costa, vengono definiti Duna grigia e sono costituiti da sabbie che precedentemente costituivano barre costiere e poi si sono evolute in cordone dunare (tombolo). La duna recente è disposta ortogonalmente alla direzione dei venti dominanti, con il lato sopravento meno inclinato di quello sottovento e ospita una ricca vegetazione mediterranea. L’incisione di profondi solchi dovuti al ruscellamento e al terrazzamento ad opera dei marosi, provocano franamenti ed erosione al piede della duna. La presenza di un paleosuolo, di circa 1.000 anni, all’interno di questo cordone, evidenzia la storia complessa e continua delle oscillazioni del livello marino a cui fu soggetto il territorio negli ultimi 35.000 anni (Antonioli e Frezzotti, 1989).

Figura 3 Duna che separa i laghi dal mare, vista dal Circeo (foto di Carmine Allocca)

Figura 3 Duna che separa i laghi dal mare, vista dal Circeo (foto di Carmine Allocca)

 

Alle spalle della duna vi è una lunga e stretta depressione che accoglie quattro laghi costieri, che, con la loro estensione longitudinale, coprono un tratto di litorale di circa 22 km. Questi sono il Lago di Fogliano, il Lago dei Monaci, il Lago di Caprolace e il Lago di Sabaudia, detto anche di Paola o della Sorresca (Fig.3). La loro origine è legata alle regressioni del Pleistocene superiore (Alessio et al., 1986). Quando il mare, che invadeva la pianura (Fig.4), cominciò a ritirarsi, il suo naturale deflusso fu ostacolato e lasciò parte delle sue acque a ristagnare, creando così una zona lagunare interrotta dai depositi alluvionali dei diversi corsi d’acqua che scorrevano nella pianura. Questi laghi hanno una morfologia rettilinea verso costa, determinata  dallo sbarramento della duna recente, e frastagliata verso l’entroterra, dovuta alle paleovalli dell’antico reticolo idrografico. Gli alvei di questi fiumi, ormai non più esistenti, continuano oltre il Circeo per alcuni chilometri sulla piattaforma continentale, sottoforma di avvallamenti del fondale non ancora appianati dalle correnti marine (Bono et al., 1986). L’inizio della sedimentazione dei depositi lacustri è riconducibile a un livello di sapropel rinvenuto in un carotaggio nei pressi del lago di Sabaudia (Alessio et al., 1986).

Figura 4 Lago Sabaudia (da Guida geologica, Regione Lazio) 1- depositi sabbiosi; 2- cordone di sabbia duna recente; 3- depositi limo-sabbiosi lacustri attuali; 4- spiaggia attule

Figura 4 Lago Sabaudia (da Guida geologica, Regione Lazio) 1- depositi sabbiosi; 2- cordone di sabbia duna recente; 3- depositi limo-sabbiosi lacustri attuali; 4- spiaggia attule

 

Procedendo verso l’Appennino, si estende la piana dell’Agro Pontino, con direzione nord ovest – sud est e un’ampiezza di circa 700 Km2. La pianura dell’Agro Pontino è nata durante le regressioni quaternarie, grazie all’azione reciproca delle variazioni del livello marino e al parziale sollevamento della crosta terrestre (Fig.5).

Figura 5 Variazione linea di riva durante il Pliocene  e Pleistocene (da Storia dell’Agro Pontino, Magnarelli e Sintini, 2004)

Figura 5 Variazione linea di riva durante il Pliocene  e Pleistocene (da Storia dell’Agro Pontino, Magnarelli e Sintini, 2004)

 

E’ la parte più depressa dell’intero Lazio, da un punto di vista morfologico strutturale, poiché rappresenta una zona di una vasta area, la cui subsidenza cominciò a partire dal Pliocene inferiore (5,3 Ma) (Bono et al., 1986). Il bedrock, formato dalla piattaforma carbonatica mesozoica, suddivisa in alti e bassi strutturali a seguito della fase distensiva del margine tirrenico, è lo stesso che compone la struttura dei vicini rilievi. Ha una copertura sedimentaria marina neogenica, coeva delle fasi tettoniche distensive postorogene. L’apertura del bacino di retroarco del Tirreno (Pliocene superiore, circa 2,4 Ma) e le sue conseguenze sono le maggiori responsabili dell’attuale assetto strutturale dell’area pontina (Bono et al., 1986). Il passaggio dalla depressione all’alto strutturale dei Monti Lepini avviene attraverso una serie di faglie che rialza a gradinate i calcari cretacei.

Lo studio dei sedimenti che costituiscono la coltre deposizionale è avvenuto tramite sondaggi nel sottosuolo, poiché i sedimenti affioranti sono molto recenti. La deposizione pliocenica è per lo più argillosa, passando a calcareniti verso i rilievi Lepini. Le argille del Pleistocene inferiore (1,7 - 0,7 Ma) contengono ospiti nordici, come la Hyalinea baltica e la Tellina Perfrigida, organismi che durante le fasi glaciali del Quaternario hanno popolato il Mediterraneo. Al Pleistocene medio (0,7 – 0,12 Ma) risalgono depositi sia marini che continentali, rimaneggiati da abbondanti prodotti piroclastici, provenienti dalla prima fase del vulcanismo albano, nota come Fase dell’Edificio Tuscolano Artemisio (0,5-0,25 Ma). In questo stesso periodo la Pianura Pontina è caratterizzata da sollevamenti e abbassamenti del livello marino (Fig.4) per cause glacio-eustatiche, determinando così un alternarsi tra sedimentazione e erosione.

Spostandoci verso l’entroterra, incontriamo quella che in letteratura viene definita come la Duna Rossa Antica, un paleocordone dunare che arriva fin sotto la Piana Pontina e affiora nei carotaggi. Si tratta di livelli sabbiosi e argillo-sabbiosi fortemente arrossati, ricchi in minerali vulcanici, con tracce di elementi silicei e tufi. Si sono formati dopo il Tirreniano, in età intrawürmiana (Bono et al., 1986). Queste dune continentali trasversali, con asse Est-Ovest e versante più ripido verso Sud –che presuppone che la direzione del vento fosse verso Sud - si sono formate durante un periodo di forte aridità e hanno subito un processo di pedogenesi nell’Olocene (Antonioli e Frezzotti, 1989).

Figura 6 Schema geologico-strutturale dell’Italia centrale 1-depositi marinicontinentali del Plio Pleistocene e coperture alluvionali recenti; 2-vulcaniti (Pleistocene); 3-depositi terrigeni sintettonici (Formazione del Cellino, Pliocene inferiore); 4-depositi terrigeni sintettonici (Formazione di Argilloso-arenacea, Tortoniano superiore p.p.-Messiniano superiore); 5-depositi terrigeni sintettonici (Formazione di Frosinone, Tortoniano superiore p.p); 6-depositi terrigeni sintettonici (Formazione Marnoso-arenacea, Burdigaliano p.p-Langhiano); 7-successione stratigrafica in facies di transizione (Triassico superiore-Miocene inferiore); 8-successione stratigrafica in facies di piattaforma carbonatica (Triassico superiore-Miocene medio); 9-faglia diretta; 10-faglia transtensiva; 11-faglia con cinematica complessa; 12-faglia trascorrente; 13-sovrascorrimento; 14-retroscorrimento. (Cipollari e Cosentino,1993).

Figura 6 Schema geologico-strutturale dell’Italia centrale 1-depositi marinicontinentali del Plio Pleistocene e coperture alluvionali recenti; 2-vulcaniti (Pleistocene); 3-depositi terrigeni sintettonici (Formazione del Cellino, Pliocene inferiore); 4-depositi terrigeni sintettonici (Formazione di Argilloso-arenacea, Tortoniano superiore p.p.-Messiniano superiore); 5-depositi terrigeni sintettonici (Formazione di Frosinone, Tortoniano superiore p.p); 6-depositi terrigeni sintettonici (Formazione Marnoso-arenacea, Burdigaliano p.p-Langhiano); 7-successione stratigrafica in facies di transizione (Triassico superiore-Miocene inferiore); 8-successione stratigrafica in facies di piattaforma carbonatica (Triassico superiore-Miocene medio); 9-faglia diretta; 10-faglia transtensiva; 11-faglia con cinematica complessa; 12-faglia trascorrente; 13-sovrascorrimento; 14-retroscorrimento. (Cipollari e Cosentino,1993).

 

La parte più orientale della zona pontina è delimitata dai Monti Lepini, che separano la Piana Pontina dalla Valle  Latina, e dai Monti Ausoni. Entrambe, insieme ai Monti Aurunci, appartengono alla catena dei Monti Volsci (Fig.5). Questi appartenevano all’antica piattaforma carbonatica mesozoica laziale abruzzese. Questa piattaforma scampa allo smembramento in horst e graben del Lias inferiore e la deposizione resta la stessa per più di 100 Ma, creando monotonia nella successione (calcari e dolomie), ma varietà nel contenuto fossilifero (che va da alghe, Paleodasycladus, a vegetali di acque dolci stagnanti, Charophyta,  a macroforamminiferi, Orbitolina, a Rudiste, Ippuriti e Radiolitidi); ciò permette l’utilizzo della biostratigrafia nella litostratigrafia suddividendo la successione in base ai fossili. Nel Paleogene la sedimentazione di piattaforma si interrompe, formando uno hiatus deposizionale di 40 Ma, grazie, probabilmente, ad un innalzamento tettonico della piattaforma che potrebbe essere giustificato come il rialzo periferico del margine africano che spinge sempre di più verso l’avanfossa. Con le marne a Orbuline (Tortoniano) la rampa muore per soffocamento e si imposta, dal Messiniano in poi, una sedimentazione terrigena, caratterizzata da flysch argilloso arenacei. Questi crescono sui bacini di piggy back, bacini creatisi tra un thrust e un altro nella struttura a falde che si va via via formando quando l’avampaese entra in avanfossa (Fig.6).

Figura 7 Ricostruzione del sistema catena-avanfossa-avampaese in Italia centrale nel corso del Messiniano inferiore (da Cipollari e Cosentino, 1992)

Figura 7 Ricostruzione del sistema catena-avanfossa-avampaese in Italia centrale nel corso del Messiniano inferiore (da Cipollari e Cosentino, 1992)

 

Nel Tortoniano, il fronte di deformazione interessa i Lepini (Cipollari e Cosentino, 1992). Il fronte dei Lepini, Ausoni e Aurunci costituisce la superficie di separazione tra le unità laziali abruzzesi interne e quelle esterne. Lungo questo fronte avviene la sovrapposizione delle unità della falda laziale abruzzese al di sopra delle unità silico-clastiche, costituenti l’evoluzione da mondo carbonatico ad avanfossa della Valle Latina-Monti Ernici. Il letto del sovrascorrimento dei Monti Volsci è costituito da argille multicolori. All’interno della dorsale carbonatica, la presenza di strutture  tettoniche che presentano caratteri di retroscorrimento (linea Carpineto-Montelanico) e klippen (M.Cacume e Colle Cantocchio) danno la possibilità di interpretare diverse fasi tettoniche compressive che hanno interessato l’area, rendendo l’idea di un assetto strutturale alquanto complesso (Cosentino e Parlotto, 1986).

Infine, il Monte Circeo (541 m. s.l.m.), a sud dell’area in esame, è formato da unità calcaree e marnose mesozoiche appartenenti alla piattaforma laziale abruzzese, accavallate e sovrascorse su flysch oligo-miocenici.

Durante il Pliocene, il promontorio era un isolotto al largo della costa laziale e  dal Pliocene inferiore assume il carattere di alto strutturale. Al passaggio Pliocene superiore-Pleistocene, la linea di riva giungeva a lambire i rilievi carbonatici dei Monti Lepini e Ausoni, ancora in fase di sollevamento, e il Monte Circeo era ancora separato dalla terra ferma da un ampio tratto di mare (Fig.7a). In 7b vediamo il formarsi di una serie di cordoni litoranei (la duna rossa antica) che si sviluppano dall’area del Vulcano Laziale fino a sud, verso il promontorio, originando lagune. Queste andavano sempre di più interrandosi ed erano delimitate dai sedimenti apportati dai corsi d’acqua che sfociavano in mare e dai depositi clastici del Vulcanismo Laziale, che cominciavano a riempire il bacino marino. Nel Pleistocene superiore (Fig.7c) la linea di riva avanzò per diverse decine di chilometri, fino all’attuale isobata –120 metri (20.000 –18.000 anni fa), in seguito a fasi climatiche fredde che determinarono variazioni eustatiche del livello marino. In una condizione paleogeografica molto diversa da quella attuale, durante le fasi glaciali, con il livello marino più basso di circa 120m, le grotte che si aprono lungo la falesia del Monte Circeo, all’interno delle quali sono stati rinvenuti crani neanderthaliani, si aprivano su un’ampia pianura costiera, che collegava il monte con le Isole Ponziane (Bono et al., 1986). L’area pontina era emersa, formando una zona palustre con corsi d’acqua che arrivavano fino al mare e solcavano la morfologia del territorio con valli ampie e incise. Il promontorio del Monte Circeo non era più un isolotto, ma era ormai parte della terra emersa.

La fine dello scioglimento dei ghiacci dell’ultima fase glaciale (circa 8.000 anni fa) causò un sollevamento marino fino alle valli fluviali e una variazione nella linea di riva, che assunse un andamento più articolato, adattandosi sulla topografia e la morfologia dell’area.

La costa a rias che si venne a formare fu smorzata dalla deposizione di nuovi cordoni litoranei che contribuirono alla creazione di una nuova linea di costa più rettilinea, con l’isolamento dei laghi costieri (Fig.7d. Ricostruzione di G. Mariotti).

Come tutte le coste rocciose,  il Monte Circeo è destinato a subire un processo di rettificazione dovuto all’azione continua del moto ondoso, che erode e  ridistribuisce il materiale lungo riva o verso il largo.

 

Fasi dell’evoluzione geomorfologica dell’area Pontina

Figura 8 (a) Al passaggio Pliocene superiore – Pleistocene, la linea di riva arrivava ai rilievi carbonatici Lepini ed ausoni ancora in fase di sollevamento. Il monte Circeo costituiva un’isola separata dalla terraferma da un ampio tratto di mare

Figura 8 (a) Al passaggio Pliocene superiore – Pleistocene, la linea di riva arrivava ai rilievi carbonatici Lepini ed ausoni ancora in fase di sollevamento. Il monte Circeo costituiva un’isola separata dalla terraferma da un ampio tratto di mare

Figura 9 (b) L’apporto di sedimenti ad opera dei corsi d’acqua che sfociano in mare e soprattutto l’apporto di materiali clastici legati all’entrata in attività de vulcano laziale, determinano un primo parziale colma mento del bacino marino, e la formazione di una serie di cordoni litoranei.

Figura 9 (b) L’apporto di sedimenti ad opera dei corsi d’acqua che sfociano in mare e soprattutto l’apporto di materiali clastici legati all’entrata in attività de vulcano laziale, determinano un primo parziale colma mento del bacino marino, e la formazione di una serie di cordoni litoranei.

Figura 10 (c) L’abbassamento del livello marino, legato all’instaurarsi delle fasi climatiche fredde del Pleistocene porta ad un avanzamento dell’attuale linea di riva nell’ordine della decina di km. L’intera area si trasformò inuna vera e propria zona palustre, con alcuni corsi d’acqua che raggiungevano il mare formando valli profondamente incise.

Figura 10 (c) L’abbassamento del livello marino, legato all’instaurarsi delle fasi climatiche fredde del Pleistocene porta ad un avanzamento dell’attuale linea di riva nell’ordine della decina di km. L’intera area si trasformò inuna vera e propria zona palustre, con alcuni corsi d’acqua che raggiungevano il mare formando valli profondamente incise.

Figura 11 (d) Con il sollevamento marino avvenuto alla fine dell’ultima fase glaciale wurmiana, 10.000 anni fa, si assiste al regredire della linea di riva assumendo un andamento articolato, occupando le precedenti valli fluviali. La deposizione di nuovi cordoni litoranei portò alla formazione di una nuova linea di riva più rettilinea, con l’isolamento dei laghi di Fogliano, dei Monaci, di Caprolace e di Paola.

Figura 11 (d) Con il sollevamento marino avvenuto alla fine dell’ultima fase glaciale wurmiana, 10.000 anni fa, si assiste al regredire della linea di riva assumendo un andamento articolato, occupando le precedenti valli fluviali. La deposizione di nuovi cordoni litoranei portò alla formazione di una nuova linea di riva più rettilinea, con l’isolamento dei laghi di Fogliano, dei Monaci, di Caprolace e di Paola.

Figura 12 Veduta notturna dalla cima del Monte Circeo (foto di Carmine Allocca)

Figura 12 Veduta notturna dalla cima del Monte Circeo (foto di Carmine Allocca)